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Questi sono tempi duri per tutti, ma i settori che in Italia sono in forte difficoltà sono quelli legati strettamente all'innovazione e alla tecnologia. Il forte rischio che comporta questo tipo di attività e gli ingenti capitali richiesti come start up, fanno si che l'attenzione degli investitori istituzionali si concentri altrove. Un settore emergente in questo campo, è quello delle biotecnologie, fondamentali nelle sviluppo presente e futuro della ricerca medica e genetica. L'associazione di categoria, Assobiotec, facente parte di Federchimica, prendendo atto della situazione di difficolatà in cui versa il settore, ha richiesto l'aiuto del Fondo Strategico Italiano, una nuova istituzione che ha come obiettivo il sostegno dello sviluppo nel "Belpaese". I motivi sono semplici, in tutto il mondo, il settore delle biotecnologie è finanziato da investitori disposti ad accollarsi forti rischi e da fondi pubblici messi a disposizione dalle relative amministrazioni. In Italia, invece, il FSI raggiunge solo imprese con fatturato di 10 milioni di euro ma, seguendo una tradizione consolidata nel nostro Paese, il settore è formato da tante piccole imprese pionieristiche che si trovano a competere con delle imprese straniere di enormi dimensioni che in futuro potrebbero compromettere l'autonomia della ricerca italiana. La richiesta del presidente di Assobiotec, Alessandro Sidoli, è semplice, far entrare il FSI anche nelle imprese, come quelle delle biotecnologie che spendono un terzo delle loro risorse in innovazione. Preme ricordare che il settore delle biotecnologie vanta oltre 300 imprese, con 50mila addetti di cui 5.800 ricercatori e un fatturato pari a 6,8 miliardi di euro. Ora la parola passa ai rappresentanti dell'istituzione.
Fonte: Il Sole 24 ore
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